Successione ereditaria senza testamento

Chi eredita se manca un testamento? Quote legali, comunione tra coeredi e divisione forzosa dell'eredità: cosa prevede il Codice Civile e come agire in caso di conflitto.

Redazione

28 giugno 2025

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Successione senza testamento: quote, comunione ereditaria e divisione forzosa

Quadro introduttivo

Quando una persona decede senza lasciare testamento, la legge prevede un meccanismo successorio automatico, noto come successione legittima, regolato dagli articoli da 565 a 586 del Codice Civile. In tal caso, l’eredità si devolve ai parenti secondo un ordine prestabilito, con attribuzione delle rispettive quote ereditarie legali.

L’assenza di un testamento comporta inoltre la comunione ereditaria tra i coeredi, che può durare anche a lungo, specialmente in presenza di dissidi. Quando non vi è accordo tra le parti sulla ripartizione del patrimonio, uno o più coeredi possono ricorrere a una divisione giudiziale forzosa, disciplinata dagli articoli 713 e seguenti del Codice Civile.

L’obiettivo di questo contributo è fornire un quadro chiaro e operativo di entrambe le fasi: la determinazione degli eredi legittimi e delle rispettive quote, e la possibilità di sciogliere coattivamente la comunione, con indicazioni pratiche su tempi, modalità e rischi connessi alla divisione ereditaria forzosa.

Successione legittima: chi eredita e con quali quote

L’art. 565 c.c. stabilisce che l’eredità si devolve per legge ai parenti, al coniuge e, in assenza di questi, allo Stato. Gli articoli da 566 a 586 c.c. regolano l’ordine e le quote spettanti a ciascun erede in base alla composizione familiare del defunto.

Alcuni casi tipici:

  • Coniuge e un figlio: metà ciascuno.

  • Coniuge e due o più figli: un terzo al coniuge, due terzi ai figli in parti uguali.

  • Solo figli: ereditano in parti uguali.

  • Solo coniuge: eredità intera.

  • Genitori e fratelli/sorelle: quote divise secondo grado e linea.

Questa ripartizione non è frutto di una scelta volontaria, ma è imposta dalla Legge in assenza di disposizioni testamentarie. Gli eredi così individuati diventano comproprietari del patrimonio: si instaura una comunione ereditaria, che può essere sciolta solo volontariamente o, in difetto di accordo, per via giudiziale.

Cos’è la Comunione Ereditaria

La comunione ereditaria implica che tutti i coeredi siano contitolari, in proporzione alla rispettiva quota, di ciascun bene ereditario. Per legge, ogni coerede può disporre del proprio diritto, ma non può alienare né modificare unilateralmente i singoli beni finché la comunione non sia stata sciolta.

Le decisioni relative alla gestione ordinaria richiedono il consenso della maggioranza dei coeredi, calcolata in base al valore delle rispettive quote, mentre le decisioni straordinarie — o gli atti dispositivi, come ad esempio la vendita di immobili — necessitano dell’unanimità.

In tale contesto, è frequente che insorgano conflitti, stalli o inadempienze, soprattutto quando vi siano beni indivisibili (come immobili) oppure quando uno o più coeredi si oppongano alla divisione.

Ogni coerede ha diritto di:

  • chiedere la divisione, in qualsiasi momento (art. 713 c.c.);

  • gestire e amministrare congiuntamente i beni ereditari;

  • opporsi alla vendita dei beni comuni da parte degli altri coeredi, in assenza di consenso unanime.

Il permanere della comunione può generare blocchi gestionali e tensioni economiche. In assenza di accordo sulla divisione volontaria, è possibile agire in giudizio per ottenere la divisione forzosa.

Divisione ereditaria forzosa: quando si può Chiedere

L’art. 713 c.c riconosce a ciascun coerede il diritto di domandare la divisione dell’eredità in ogni momento, salvo che ciò sia stato espressamente vietato dal testatore (entro un massimo di cinque anni ex art. 713, co. 2 c.c.).

Si parla di “divisione forzosa” quando uno o più coeredi, non riuscendo a raggiungere un’intesa con gli altri, ricorrono al tribunale per ottenere la separazione delle rispettive quote. Se ti trovi in una situazione di blocco — un coerede che non risponde, non si presenta dal notaio, rifiuta ogni accordo — l’art. 713 c.c. ti consente di agire anche senza il suo consenso. È uno strumento necessario quando:

  • Vi è rifiuto reiterato di procedere alla divisione bonaria;

  • Vi sono inadempienze o comportamenti ostruzionistici da parte di alcuni coeredi;

  • Gli eredi non riescono a definire il valore dei beni o le modalità di riparto.

Come si svolge la divisione giudiziale

La procedura si avvia con ricorso al tribunale competente, cui segue la nomina di un giudice istruttore. Qualora lo ritenga necessario, il giudice può disporre la nomina di un consulente tecnico d’ufficio (CTU) per la stima dei beni ereditari e la verifica della loro divisibilità in natura.

Se i beni non risultano comodamente divisibili — ad esempio un appartamento non frazionabile tra più eredi — il giudice può attribuire il bene a uno solo dei coeredi, con obbligo di versamento del conguaglio agli altri (art. 720 c.c.); in alternativa, può ordinare la vendita all’asta dell’immobile e la successiva ripartizione del ricavato in proporzione alle rispettive quote ereditarie.

Nel corso della procedura, il giudice può tentare una conciliazione tra le parti; in caso di esito negativo, procederà egli stesso alla formazione delle porzioni, tenendo conto dei diritti di ciascun coerede.

Casi particolari e problematiche frequenti

Nei procedimenti di divisione ereditaria forzosa possono emergere criticità specifiche, come la presenza di beni indivisibili, ad esempio immobili unici o terreni agricoli non frazionabili, o di un coniuge superstite titolare del diritto di abitazione sull’immobile adibito a residenza familiare.

Qualora tra gli eredi vi siano figli minori, ogni atto di divisione richiede l’autorizzazione preventiva del giudice tutelare, con inevitabili rallentamenti della procedura. Inoltre, il codice civile riconosce il diritto di prelazione tra coeredi, che consente a ciascuno di riscattare la quota ceduta ad estranei da altro coerede. In tutti questi casi, l’assistenza tecnica di un avvocato è altamente raccomandata, sia per la complessità procedurale, sia per le potenziali conseguenze patrimoniali a lungo termine.

Differenze rispetto alla divisione volontaria

Nella divisione volontaria, i coeredi redigono un atto di divisione consensuale, solitamente per mezzo di un atto notarile. Questa modalità è generalmente più rapida, meno costosa e comporta un livello di conflittualità sensibilmente inferiore.

Al contrario, la divisione forzosa presenta diverse criticità: i tempi sono spesso molto lunghi, soprattutto in presenza di beni complessi o di forte disaccordo tra le parti; le spese legali, peritali e giudiziarie possono diventare significative; e gli esiti vengono imposti dal giudice, con risultati che non sempre rispecchiano le preferenze individuali degli eredi.

Per tali motivi, laddove possibile, la divisione bonaria rimane la soluzione preferibile.

Considerazioni finali

2 Quando manca un testamento, la successione legittima attribuisce l’eredità secondo regole precise e quote predeterminate. Se gli eredi non trovano un’intesa per sciogliere la comunione ereditaria, la legge consente il ricorso alla divisione giudiziale, che garantisce comunque la tutela delle posizioni individuali. Tuttavia, si tratta di un procedimento articolato, potenzialmente lungo e dispendioso, che richiede valutazioni preliminari e assistenza qualificata.

Disclaimer: Il presente articolo ha finalità esclusivamente informative e non costituisce parere legale. Ogni situazione ereditaria richiede una valutazione specifica, da effettuarsi con il supporto di un avvocato iscritto all’Albo forense.

Studio Legale Loreggian

DISCLAIMER

Il presente articolo ha finalità esclusivamente informativa e non costituisce un parere legale. Ogni situazione abbisogna di una valutazione specifica, la cui disamina non può prescindere dall'attento ascolto del Cliente e dallo studio della relativa documentazione.

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